martedì 25 ottobre 2011

CIAO SUPER SIC

fonte immagine: www.smanettoni.net



Se n’è andato così Marco Simoncelli: facendo quello che più amava nella vita. Ha lasciato gli affetti per restare attaccato a quella moto che sin da bambino amava più di ogni altra cosa al mondo. Nessuno ancora se ne è fatta una ragione, forse i suoi amici più cari e i suoi affetti malediranno quella stessa moto e quello stesso amore che Marco aveva per quel mondo fatto di brividi e velocità. Il 23 ottobre tutti i sogni di Marco si sono spenti a Sepang, cadendo Edwards e Rossi, si proprio il suo grande amico Valentino, gli sono franati addosso, sulla pista non restava altra che Sic sdraiato immobile senza il casco, volato via nell'irruenza dell'impatto. È questa la triste immagine che ci resta di Simoncelli viva nella nostra mente, ma non sarebbe giusto ricordarlo così: SuperSic era un mix di allegria, vitalità e forza, aveva una dirompenza furori dal comune, caratteristiche che lo rendevano unico… non a caso era considerato l’unico erede di Vale Rossi, sì era lui l’unico che si poteva accostare al campione di Tavuglia per estro, fantasia e quel pizzico di pazzia. È proprio Rossi a dirci qual è il modo migliore per ricordare uno come Marco Simoncelli:


"Ho deciso che ti ricorderò con un sorriso, con quel sorriso che avevi sempre. Ti ricorderò con quell'esclamazione che ho avuto oggi quando ti ho visto prima di partire con quel coso giallo in testa e gli occhiali da sole, ho detto "minchia sic, fortuna che sei simpatico, perchè sei proprio brutto". Ti ricorderò come quello che a Monza, quando ti ho visto è sceso dalla macchina ha tolto il casco e incazzato come una iena se n'è andato a piedi dopo aver perso. Ti ricorderò come "quel bastardo di Sic" che stava diventando un mostro. Ti ricorderò come l'amico pazzo di Vale, quello del primo mondiale 125 cc, quello che a inizio stagione lo volevano mettere nei casini perchè "era violento". Ti ricorderò come il campione che sei sempre stato... sei un grande e ti porterò per sempre nel mio cuore.” (V.Rossi)

lunedì 4 luglio 2011

WIMBLEDON HA UN NUOVO PADRONE: NOVAK DJOKOVIC

fonte immagine: www.sport.it


Novak Djokivic è il nuovo numero uno del mondo. Fino a ieri era solo la classifica aritmetica stilata dal computer della Federazione a dirlo, adesso dopo il successo contro Rafael Nadal nella finalissima di Wimbledon è anche il campo a esprimere il verdetto. Si è quindi arreso ancora una volta Nadal, è la quinta volta consecutiva che lo spagnolo perde contro il serbo, questa è però la prima vittoria di Novak contro Rafa in una prova del Grande Slam. Nella sua quinta finale slam Djoko centra il suo terzo successo, nella sua quinta finale a Wimbledon Rafa non riesce a mettere il terzo sigillo nell'albo del torneo londinese. Nadal resta così fermo a quota due titoli a Wimbledon a meno quattro da Federer, che almeno nell’albo d’oro può tirare un respiro di sollievo. Per l’ex numero uno del mondo è sfumata anche la possibilità di fare per la terza volta l’accoppiata Roland Garros – Wimbledon, impresa riuscita invece a Borg. Ma oggi è la giornata del campione, del Serbo che a 4 anni sognava Wimbledon e che a 24 si porta a casa quel titolo che chiunque sappia giocare a tennis sogna.


Con il punteggio di 6-4, 6-1, 1-6, 6-3 Novak porta a compimento una partita quasi perfetta, a parte il passaggio a vuoto nel 3 set. Dopo i due Australian Open vinti contro Tsonga nel 2008 e Murray quest’anno, è arrivata in poco meno di due ore e mezza la vittoria forse più bella. Troppo superiore Djokovic, che ormai sta infliggendo a Nadal quel complesso che lui era abituato a imporre ai propri avversari, Federer per citarne uno su tutti. Contro Djokovic è invece il Maiorchino a vivere quella situazione a tratti d’impotenza, in campo Nadal da l’impressione di non sapere cosa fare per vincere. Dopo aver rimesso in piedi la partita restituendo il 6-1 all’avversario, lo spagnolo è precipitato di nuovo nel quarto set. Subito il brak sul 4-3 a causa di una prima di servizio che non è mai entrata il destino di Rafa era ormai segnato. Il cammino di Novak nel 2011 è invece semplicemente devastante, una sola sconfitta, contro Federer in semifinale del Roland Garros, otto trionfi su nove tornei giocati.


L’8 agosto comincerà la stagione del cemento, Canada prima e Cincinnati poi, ormai è chiaro che la sfida sarà ancora tra Djoko e Rafa. Pronti ad inserirsi nel duello ci saranno Federer e Murray e un Juan Martin Del Potro tornato finalmente ad alti livelli. Tutti pronti a sfidare Novak Djokovic: il nuovo padrone del tennis.

C.C

mercoledì 22 giugno 2011

LE TAPPE DI QUELLA MAGNIFICA AVVENTURA CHIAMATA "WIMBLEDON"



Le origini e la magia di Wimbledon - Era il 1877 quando per la prima volta sul campo di Worple Road andava in scena il singolare maschile di quello che sarebbe diventato il torneo più prestigioso e più antico della storia del tennis. Ad aggiudicarsi quella prima gemma di Wimbledon fu Spencere Gore. Dal 1877 moltissimi campioni e campionesse hanno fatto la storia del torneo contribuendo con le loro gesta ad aumentare il fascino e il prestigio di Wimbledon. Non c’è tennista che varcata la porta dell’All England Club non resti abbagliato dalla magia che un posto così emana. Nella più piena tradizione inglese Wimbledon è l’unico torneo che ha mantenuto le sue caratteristiche storiche e che nonostante il passare degli anni non si è fatto piegare dalla globalizzazione. Entrare sul centrale di Wimbledon vuol dire tuffarsi in quello spirito tipicamente inglese di fine ‘800 e inizi ‘900. Nessuna pubblicità, nessun marchio gigantesco dietro le spalle dei giocatori, fattori che invece caratterizzano gli altri tornei del mondo, compresi gli altri tre slam. La tradizione della divisa rigorosamente in bianco e che nessun tennista si è mai sentito di infrangere, il solo Agassi fu tentato, ma anche lui affascinato dalla magia di Wimbledon desistette. Il palco reale verso il quale i giocatori all’ingresso e all’uscita s’inchinavano d’innanzi la regina. Fattori che hanno caratterizzato e caratterizzeranno per sempre il torneo. L’unico passo alla modernità che Wimbledon ha accettato è stato il tetto che dal 2009 in caso di pioggia copre il centrale. Il 17 maggio 2009, nella presentazione del nuovo impianto il centrale per la prima volta si chiude sopra le teste di Andre Agassi, Steffi Graf, Tim Henman e Kim Clijsters impegnati nel match di esibizione. Molte volte le partite si sono prolungate per interruzioni dovute alla pioggia, non ci saranno più incontri interrotti e ripresi addirittura il giorno dopo e forse anche per questo resterà scolpita nella memoria e negli occhi di tutti la magica premiazione del torneo del 2008, quando a illuminare il center court c’erano solo i flash delle macchine fotografiche che immortalavano il primo trionfo di Rafael Nadal.


I Vincitori - Molte le leggende del tennis che hanno segnato la storia di questo sport anche grazie a quello fatto a Wimbledon. Suzanne Lenglen è sicuramente una di queste. Sei volte vincitrice sull’erba inglese, prima donna a presentarsi dinnanzi sua maestà con un modello d’abito che lasciava le braccia scoperte e con la gonna tagliata sopra il polpaccio, donna capace con la sua personalità e testardaggine di abbandonare il tennis proprio a Wimbledon attraverso un incidente con gli organizzatori, mandando su tutte le furie la Regina che voleva vederla giocare. Suzanne, morta nel ‘38 per una gravissima forma di leucemia, vanta una sola sconfitta per abbandono sull’erba di Wimbledon e fu una delle apri pista per il passaggio del tennis al professionismo. Dal 1924 al 1929 Wimbledon si tinse del tricolore francese Jean Borotra, René Lacoste, Henri Cochet e Jacques Brugnon dominarono tutti i tornei d’Europa. Il 1934, ‘35 e ‘36 sono gli anni di Fred Perry. Gli anni in cui un inglese è profeta in patria ed è da quei tre successi che gli inglesi aspettano un connazionale vincere il torneo. Con il passaggio al professionismo nel ’47 il tennis cambia. A Wimbledon come negli altri maggiori torei per i primi anni dopo la scissione possono continuare partecipare solo i dilettanti, ovviamente lo spettacolo ne ha risentito fino a quando non è stato permesso l’accesso a entrambi. Nel 1968 avverrà comunque la tanto attesa fusione.


Il dominio australiano - La fine degli anni ‘40 e gli inizi del ‘50 sono di marca australiana con i trionfi di Sedgman e Lew Hoad. Dominio australiano anche per buona parte degli anni 60 quando Rod Laver vince Wimbledon 4 volte e mette a segno ben due grandi slam, successivamente è Roy Emerson a vincere ancora sotto i colori dell’Australia. A trionfare a Wimbledon rappresentando la Spagna prima di Rafa Nadal c’è stato nel 1966 Manolo Santana, anche lui come Rafa più propenso a giocare sulla terra rossa. Vittoria di Santana a parte Wimbledon è ancora australiano con John Newcombe e Tony Roche.


Donne al potere e il regno di Borg - Nel 1971 intanto viene introdotto il tie-break, ad eccezione del 5 set. In campo femminile a dominare c’è Billie Jean King, trionfatrice 6 volte nel singolare, arrivando inoltre al numero record di 20 titoli a Wimbledon contando il doppio femminile e il doppio misto. Campionessa straordinaria in campo e attivista sempre in prima linea per l’emancipazione delle donne nel tennis fuori dal campo. Nel 1976 inizia il primo vero regno a Wimbledon che precederà quelli di Pete Sampras e di Roger Federer. Bjorn Borg dominatore sul rosso, domina anche sull’erba vincendo dal ’76 all’ ’80 cinque edizioni di fila del torneo.


Le rivalità storiche - Nel femminile c’è invece il dominio di Martina Navratilova che nel 1978 vince la prima di nove edizioni del torneo, l’ultima nel 1990. Passerà alla storia la rivalità con Chris Evert che riuscì a vincere Wimbledon solo nel 1976 e nel 1981. Nel maschile a mettere fine al regno di Borg è il fenomenale quanto “pazzo” John McEnroe, che trionfa a Wimbledon nel ’81, ’83 e 1984. Nel 1988 intanto è un’altra leggenda del tennis a prendersi la ribalta sul center court: Steffi Graf, trionfa a Wimbledon per la prima delle sette volte. Nel 1985 cominciano i domini di Boris Becker e Stefan Edberg. Dopo la rivalità storica della Evert contro la Navratilova, quella intensa ma breve tra Borg e McEnroe e quella tra Becker e Edberg ne comincia un’altra che spaccherà per anni il mondo del tennis tanto quanto solo Federer – Nadal faranno dal 2000 in poi: l’America e il Mondo si dividono tra Sampras e Agassi. Sampras è il padrone di Wimbledon lo vince ben 7 volte, Agassi riesce a imporsi solo nel 1992, ma le sfide tra i due giocatori restano storiche, i due americani sono due giocatori agli antipodi, sia nel come porsi in campo e ai media. Non è solo una sfida tennistica ma una vera e propria differenza di culture.


Il sogno di Henman - Dal 1994 a far sperare il popolo inglese c’è stato Tim Henman, il forte tennista inglese che ha sempre sentito forte il peso della nazione sulle spalle. Con gli inglesi riversati sulla ormai celebre “Henman’s Hill” per sostenerlo Tim non è riuscito ad andare oltre le semifinali per ben quattro volte, senza riuscire mai a giocare e magari vincere quella finale che un popolo intero brama.


La transizione prima di Federer - Il 2000 vede l’ultima perla di Sampras. Nel 2001 riesce finalmente a vincere Wimbledon, dopo tante finali perse, Goran Ivanisevic, che ha avuto nella sua instabilità il suo più grande limite. Nel 2002 è di nuovo un australiano a vincere: Lleyton Hewitt. Dal 2003 è storia recente ed è anche facile ricordarla, Roger Federer diventa il nuovo padrone dell’All England Club dopo Borg e Sampras. Dopo aver chiuso il regno di Pete nel 2001 nei quarti di finale, lo svizzero ha dovuto aspettare due anni per cominciare la sua striscia di successi. Nel 2003 vince contro Mark Philippoussis, contro Andy Roddick nel 2004, ancora contro Roddick nel 2005. Nel 2006 va in scena la prima di tre finali consecutive tra Federer e Nadal per quella che è l’ultima vera grande rivalità che ha spaccato in due i tifosi di tennis. Troppo diversi per affascinare allo stesso modo il tifoso e in questi anni ci siamo dovuti per forza identificare in uno solo dei due stili, scegliere insomma tra il “c’mon” o il “vamos”.


Roger vs Rafa - Le prime due finali sono di Federer nel 2006 in quattro set. Nel 2007 Nadal, dopo evidenti progressi anche sull’erba, costringe Federer al quinto set, ma è nel 2008 che va in scena quella che è considerata la più grande partita di tutti i tempi. Federer è a caccia del sesto titolo di fila che gli permetterebbe di superare Borg, Nadal vuole vincere finalmente anche sull’erba. Lo spagnolo domina i primi due set, Federer, dopo la pausa per pioggia, si ricorda di essere sul center court di Wimbledon non sul Philippe Chatrier a Parigi: è rimonta con 2 match point annullati. Al quinto è la pioggia a farla da padrone ancora una volta. Federer sembra lanciato verso il compimento della clamorosa rimonta, ma la stessa pioggia che ha bloccato la discesa di Nadal nel terzo set stavolta arriva in soccorso dello spagnolo: è ancora una volta pausa. Al rientro Nadal si è ripreso, senza tie- brak la partita si prolunga fino all’8-7, quando lo spagnolo riesce a chiudere l’incontro leggendario sul 9-7 a suo favore a Londra sono le 22 e 30. Federer come Borg, cede Wimbledon e poche settimane dopo anche la prima posizione del ranking mondiale. Quello che era l’imbattibile sull’erba è tornato umano, ma nel 2009 Federer torna a Londra e si riprende Wimbledon. Senza Nadal, fuori per infortunio, è ancora Roddick a contendergli il titolo, l’americano stavolta si arrende solo al quinto set perdendolo per 16 giochi a 14.


Nadal si riprende Wimbledon, mentre dominano le Williams - Nel 2010 due eventi storici caratterizzano il torneo: il ritorno della regina dopo 33 anni e il match-maratona sul campo 18 tra Isner e Mahut. Il punteggio del 5° set recita: 70 giochi Isner c 68 Mahut dopo 11 ore e 5 minuti di gioco. Il campione in carica intanto cede ai quarti di finale contro Berdych: per la prima volta dal 2003 Federer non gioca l’atto conclusivo del torneo, a trionfare sarà ancora una volta Rafael Nadal. Nel femminile il nuovo millennio è targato Serena e Venus Williams che si sono spartite 9 titoli. Cinque li ha vinti Venus, quattro Serena. La storia di Wimbledon è destinata a continuare e a brillare, regalando altri trionfi leggendari, altre partite sensazionali e altre rivalità storiche. Già da quest’anno forse con Djokovic e con lo scozzese Murray, che tanto scalda il cuore pieno di speranza dei sudditi di sua maestà, si potrà interrompere il dominio Federer – Nadal ma è presto per saperlo… sui campi dell’All England club il torneo del 2011 è appena iniziato.


Cristiano Checchi

lunedì 20 giugno 2011

IL VERONA ABBANDONA L’INFERNO E TORNA IN SERIE B

fonte immagine: www.primoluglio2004.it

Un incubo durato quattro anni quello dell’Hellas Verona, gloriosa società italiana, campione d’Italia nella stagione 1984-85 e caduta mestamente in serie C1 all’imbrunire di un giovedì di giugno del 2007, quando lo Spezia difese al Bentegodi di Verona il 2-1 dell’andata in Liguria ottenendo uno 0-0 che valse la salvezza nello spareggio per non retrocedere in terza serie e condannò gli scaligeri a scendervi dopo quasi settant’anni tra serie A e serie B. Si programmò una pronta risalita nella serie cadetta, ma ciò non avvenne, anzi, nella stagione successiva il Verona sfiorò addirittura la caduta in C2, salvandosi solo nei minuti di recupero nella gara di ritorno del play-out contro la Pro Patria grazie ad un gol dell’attaccante Zeytulaev, scuola juventina ed unico giocatore dell’Azerbaijan ad aver vestito la maglia di una squadra italiana. La stagione 2008-2009 fu interlocutoria, quella 2009-2010 fu amara con una promozione sfumata all’ultima giornata e la finale play-off persa nel doppio confronto contro il Pescara, altra nobile decaduta. Di nuovo promesse, di nuovo proclami nell’estate 2010: arriva in panchina Giuseppe Giannini, autore nel 2009 di una miracolosa promozione in serie B con il Gallipoli. Giannini prova a ripetersi in una piazza a cui la serie C sta stretta come una maglia taglia S sul collo di Mike Tyson, ma il “Principe” parte male e a novembre la società lo sostituisce con Andrea Mandorlini, artefice dei successi in Romania ottenuti alla guida del piccolo Cluj. Giannini dichiarerà: “Questa squadra non si è ancora ripresa dalla cocente delusione dello scorso anno”. Mandorlini si rimbocca le maniche e grazie ad un girone di ritorno coi fiocchi, conduce il Verona al quinto posto, l’ultimo utile per l’accesso ai play-off. La serie B la squadra gialloblù la conquista in casa, davanti al suo pubblico innamorato che riempie il Bentegodi nell’andata della semifinale contro il Sorrento: finisce 2-0 con doppietta del centravanti Nicola Ferrari. In Campania al ritorno basta l’1-1 per centrare la finale contro la Salernitana che nel frattempo si è sbarazzata dell’Alessandria. Domenica 12 giugno, stadio Bentegodi di Verona: 25 mila appassionati spingono il Verona verso il successo, ancora Ferrari, ancora una doppietta e ancora un 2-0; la serie B è a un passo. Domenica 19 giugno, stadio Arechi di Salerno: in una bolgia assordante, la Salernitana si avvicina col rigore di Carrus alla fine del primo tempo, ma la rimonta granata si ferma lì. Il Verona difende il risultato e porta a casa quella promozione tanto attesa, in una piazza che con la serie C non ha davvero nulla a che spartire.

Marco Milan




lunedì 6 giugno 2011

2010-2011: IL FILM DEL CAMPIONATO

fonte immagine: www.acmilan.com

Dopo sette anni di attesa, il Milan torna a conquistare lo scudetto, il diciottesimo della storia per il club rossonero. Gli uomini guidati da Massimiliano Allegri in panchina, si issano in testa alla classifica fin dalle prime giornate e vi rimangono per tutto il campionato, conquistato matematicamente il 7 maggio all’Olimpico di Roma grazie al pareggio per 0-0 in casa dei giallorossi. Decisivo il derby milanese del 2 aprile alla trentunesima giornata, vinto dai rossoneri per 3-0 e che ha impedito ai cugini nerazzurri, secondi in classifica, di effettuare il sorpasso. Protagonisti in campo del successo del Milan i brasiliani Thiago Silva e Pato e lo svedese Ibrahimovic, all’ottavo scudetto consecutivo. Alle spalle dei neocampioni d’’Italia giungono i campioni uscenti dell’Inter, penalizzati da un inizio di stagione negativo che ha compromesso le possibilità di rimonta nella seconda parte della stagione quando sulla panchina interista si è seduto il brasiliano Leonardo al posto dello spagnolo Benitez, esonerato dopo la falsa partenza. L’Inter ha in ogni caso conquistato la Coppa Italia battendo nella finale dell’Olimpico di Roma il Palermo per 3-1. Terzo posto per il sorprendente Napoli di Walter Mazzarri. I partenopei, in lizza anche per lo scudetto fino a poche giornate dal termine, hanno condotto un campionato regolare grazie ad una difesa solida e ad un attacco prolifico che ha esaltato le doti dell’uruguaiano Cavani, autore di 26 reti. Il quarto posto, valido per conquistare l’accesso agli spareggi per l’ingresso in Coppa dei Campioni, se lo aggiudica l’Udinese di Guidolin, per lunghi tratti la squadra che ha espresso il miglior calcio in Italia e che ha laureato Antonio Di Natale capocannoniere per il secondo anno consecutivo grazie alle sue 28 realizzazioni. Avvincente il duello tra i friulani e le due romane, in lotta fino all’ultima giornata per il raggiungimento della quarta posizione. La Lazio si classifica quinta, seppur a pari punti con l’Udinese ma sfavorita dalla differenza reti, la Roma sesta, piazzamento deludente per una compagine che soltanto dodici mesi prima era stata ad un passo dalla vittoria del campionato. Ai giallorossi non è bastato neanche il cambio di allenatore, avvenuto in febbraio a seguito dell’incredibile sconfitta patita in casa del Genoa per 4-3 dopo essere stati in vantaggio per 3-0. In quell’occasione Ranieri rassegnò le dimissioni e la società capitolina affidò la panchina all’ex bomber romanista Vincenzo Montella. Settimo posto per la Juventus, autrice dell’ennesima stagione fallimentare che esclude i bianconeri guidati da Delneri dalle competizioni europee, in quanto la qualificazione del Palermo alla finale di Coppa Italia regala ai siciliani, giunti ottavi dietro i bianconeri, il terzo posto utile per l’accesso alla Coppa Uefa. Campionato anonimo e con pochi acuti per Fiorentina e Genoa, mentre Parma e Cagliari conquistano la salvezza senza grossi patemi. Qualche apprensione in più la vivono invece Catania, Chievo, Cesena e Bologna (penalizzato anche di 3 punti per alcune inadempienze sul pagamento degli stipendi ai calciatori), tutte salve solo nelle ultimissime battute. Così come il Lecce che raggiunge la matematica permanenza in serie A ai danni della disastrosa Sampdoria, capace non solo di passare in un anno dalla Coppa Campioni alla retrocessione, ma capace anche di realizzare un girone di ritorno vergognoso con sole due vittorie all’attivo e un improduttivo cambio di allenatore con Cavasin al posto di Di Carlo. Poco comprensibile anche la decisione della società doriana di disfarsi a gennaio dei due gioielli della squadra, Cassano e Pazzini, passati rispettivamente a Milan ed Inter, senza rimpiazzarli a dovere. Insieme alla Samp, scendono in serie B anche il Brescia, il cui ritorno nella massima serie è durato appena lo spazio di 365 giorni, e il Bari, incapace di ripetere le ottime prestazioni dell’anno passato ed ultimo in pratica dall’inizio alla fine del campionato.

Marco Milan

sabato 4 giugno 2011

STUPENDO FEDERER, IN FINALE ANCORA ROGER CONTRO RAFA

fonte immagine: www.sport.it


Se ti chiamano Re del Tennis fai fatica a pensare un giorno di dover abdicare, di dover cedere scettro e corona definitivamente. È questa fatica, è il non accettare questo amaro destino che permette a Roger Federer di sfoderare prestazioni del genere. In attesa di della finale di domenica come si fa a non spendere due righe su quel ragazzo di Basilea, che va per i 30, che ieri si è preso con una superiorità a tratti mostruosa il pass per la sua 23esima finale di uno Slam?


Viene facile, quasi quanto a lui giocare, parlare di quello visto ieri sul Philippe Chatrier. Novak Djokovic, quello che non perdeva più, quello che veniva da 43 vittorie consecutive… quello che ormai batteva sempre anche Nadal, è stato spazzato via da un Federer che ha raggiunto livelli di tennis che i giornalisti, quelli bravi, amano definire “marziani”. Quel “c’mon” strillato, con più frequenza rispetto a qualche anno fa, e quel dito alzato al cielo dopo punti mai visti prima, e che dopo di lui forse non si vedranno più, mai fatto negli anni passati stanno li a ricordare a tutti che il Re non è morto, che anche se va per la trentina lui, Re Roger, quando sta bene in campo è in grado di fare cose stratosferiche. Ieri Novak, straordinario fenomeno, passava da una crisi isterica all’altra, girandosi dopo quasi tutti i punti di Federer verso il suo angolo con la faccia di uno che non capiva cosa stesse succedendo. Stupito e forse, aggiungo io, anche ammaliato da certi colpi che non ti aspetti possano riuscire. Più volte le telecamere hanno ripreso i suoi sorrisi e i suoi sguardi carichi di stupore, amarezza e rabbia.


È la quinta finale di Federer sulla terra dello Salm parigino, tre perse contro Rafa Nadal e una vinta, due anni fa, contro Soderling. Domani al campione svizzero servirà un’altra partita perfetta per battere il mostro della terra rossa, per battere quello che più di tutti gli ha fatto male, resteranno negli occhi di tutti le lacrime di Melbourne, per battere quello che non ha permesso a Federer di essere considerato a tutti gli effetti il giocatore più forte della storia, perché comunque non lo si può nascondere sulla terra il Maiorchino è sempre stato il più forte. Il Fed-Express, come lo chiamavano quando non perdeva mai, però si è guadagnato la possibilità di fare ancora una partita perfetta per non abdicare, di creare ancora una gemma per vincere finalmente a Parigi contro Nadal… ancora una possibilità di riprendersi quella corona che il tempo e Nadal gli hanno portato via.


Cristiano Checchi

martedì 31 maggio 2011

BARCELLONA ANCORA CAMPIONE D'EUROPA: NON C'E' LA RIVINCITA DEI RED DEVILS

fonte immagine: www.corrieredellosport.it

Il Barça è campione d’Europa, di nuovo. La finale che in molti hanno definito del secolo ha avuto l’esito forse più scontato. Il Barcellona era dato per favorito ma nonostante questo la vittoria del undici blaugrana stupisce ancora una volta per come è arrivata, uno strapotere tecnico e tattico che mai negli ultimi 20 o 30 anni nessuna squadra aveva fatto registrare. Ma l’eroe della serata non è Messi, non Iniesta o Xavi, ma uno di quelli che di solito è considerato un gregario, non uno di quelli da copertina, l’eroe della finale è Eric Abidal. Il terzino francese poco più di due mesi fa era stato operato di tumore al fegato, nella notte di Londra alzava, con la fascia da capitano al braccio (omaggio del capitano Carles Puyol), la Coppa dei Campioni, dopo aver giocato tutti i 90 minuti. Guardiola aveva affidato al francese la fascia sinistra, lasciando il panchina un mostro sacro come Puyol. Tra i 22 protagonisti lui era quello più sereno e tranquillo, perché dopo aver lottato e vinto contro il cancro non c’è Manchester United o Champions League che ti possa spaventare.

I 90 minuti in campo sono stati puro dominio Barça. Xavi e Iniesta hanno imbrigliato Giggs e Carrick; Messi, Villa e Pedro sono stati pericoli costanti per Vidic e Ferdinand. Il pallone d’oro in carica, e del futuro, Leo Messi, ha messo a segno la sua seconda rete nelle finali di Champions League giocando a tratti da vero marziano. Quello della pulce argentina è stato il gol numero 100 in due stagioni. Il Manchester ha cercato di porre un freno allo strapotere spagnolo ma anche gli uomini di Ferguson, proprio come 2 anni fa, si sono dovuti arrendere come avevano già fatto Arsenal, Shaktar e Real Madrid. Pedro, Messi e Villa hanno portato al Camp Nou la quarta Champions della storia del club. In mezzo alle reti dei tre tenori c’è stato il momentaneo pareggio di Rooney, unico lampo in una serata in cui lo United ha fatto poco.

In molti si chiedono se il Barça è la squadra più forte della storia del calcio, è difficile poter fare un confronto e dare un giudizio definitivo tra squadre di diverse epoche, certo è che il Barcellona di Pep Guardiola, 10 trofei in 3 anni, se non lo è ci va molto vicino.

C.Checchi

lunedì 16 maggio 2011

DJOKOVIC RE DEL FORO ITALICO: NEL 2011 ANCORA IMBATTUTO E IMBATTIBILE


39 vittorie consecutive, 7 tornei disputati in stagione e 7 vittorie, numeri impressionanti: numeri di Novak Djokovic. Per la quarta volta consecutiva Rafael Nadal si è dovuto arrendere allo strapotere del serbo, la cosa preoccupante per lo spagnolo è che le ultime due sconfitte sono avvenute sulla terra rossa, casa sua. Nelle finali di Madrid e Roma Nadal si è trovato di fronte un muro, a tratti insormontabile, con uno stile di gioco molto simile al suo ma fatto con più potenza e più precisione. Con un doppio 6-4 Novak si è così sbarazzato ancora una volta del numero uno del tennis mondiale, a sorprendere è che Djokovic veniva da tre ore estenuanti di partita contro Murray nella semifinale del giorno prima, ci si aspettava un giocatore più stanco, così non è stato, nello scambio si è sempre avuto l’impressione che ad averne di più fosse proprio lui, abbiamo assistito addirittura a un Nadal che per rallentare il ritmo troppo elevato alzava la pallina per toglierli spinta, la tattica però non si è rivelata vincente perché ha permesso, più di una volta, a Djoko di attaccare con i piedi bene dentro al campo. Il serbo torna così a riprendersi Roma dopo averlo fatto già nel 2008. Il successo romano si va ad aggiungere così alla vittorie ottenute nell’Australian Open, nel torneo di Dubai, ad Indian Wells, dove ha iniziato la striscia di vittorie contro Nadal, a Miami, ancora contro Nadal in finale, al Serbia Open e a Madrid. Al Rolland Garros sarà forse ancora duello Novak – Rafa che sembra ormai essere la rivalità che ci accompagnerà per i prossimi anni. L’infinito duello dello spagnolo contro Roger Federer sembra così essere agli sgoccioli, si possono però già notare delle differenze tra queste due rivalità: tra Djoko e Nadal c’è sicuramente meno amicizia rispetto a quanta c’è n’è tra Roger e Rafa, sarà quindi forse una rivalità più sentita dagli stessi protagonisti… tutto per la gioia degli amanti di questo magnifico sport.

Cristiano Checchi

domenica 15 maggio 2011

18 VOLTE MILAN: IL CAMMINO DEI ROSSONERI VERSO LO SCUDETTO



Ha vinto il Milan. Sette anni dopo l’ultimo scudetto rossonero targato Carlo Ancelotti, Ricardo Kakà e Andriy Shevchenko, sulle maglie del Milan torna a disegnarsi il tricolore a firma di Massimiliano Allegri, Zlatan Ibrahimovic ed Alexandre Pato. Uno scudetto su cui pochi avrebbero scommesso lo scorso 20 luglio, quando al raduno della squadra a Milanello i tifosi contestarono a gran voce il presidente Berlusconi e l’amministratore delegato Adriano Galliani per la scarsa campagna acquisti, ferma agli arrivi di Amelia, Sokratis e Yepes, nomi di riserva e dal pedigree ben poco altisonante. Poca fiducia riscontrava anche il nuovo allenatore Massimiliano Allegri, che in carriera aveva finora allenato poco più di un anno in serie A, guidando, seppur con ottimi risultati, il Cagliari. Inter, Roma e forse la Juve apparivano irraggiungibili. Un mese dopo, però, cambia tutto: Berlusconi apre la valigia dei sogni, Galliani corre a realizzarli: in poco tempo arrivano il ghanese Boateng (che sarà la rivelazione del campionato), il funambolo brasiliano Robinho e soprattutto Zlatan Ibrahimovic in prestito dal Barcellona dove si era ambientato più o meno come una giraffa in un pollaio. Torna l’entusiasmo, il 29 agosto a San Siro il Milan travolge 4-0 il malcapitato Lecce nell’esordio in campionato, Allegri sembra il nuovo profeta del calcio spettacolo. Ma già alla seconda giornata i rossoneri accusano lacune difensive e voragini a centrocampo allarmanti: il piccolo Cesena ne approfitta, vince 2-0 e consegna ad Allegri una patata bollente non da poco: come trovare un equilibrio tattico con una squadra così votata all’attacco? Al mister di Livorno servono altre due partite per capirlo: alla terza giornata il Milan è bloccato in casa sull’1-1 dal modesto Catania, alla quarta si sblocca Ibrahimovic ma non la squadra che fa ancora 1-1 a Roma contro la Lazio. Il Milan ha 5 punti in classifica, gli stessi di ritardo dall’Inter capolista. Da qui la svolta: Allegri, complice l’infortunio di Andrea Pirlo che terrà lontano dai campi il regista bresciano per quasi tutta la stagione, piazza tre mediani a centrocampo con Boateng alle spalle di Ibrahimovic e uno tra Pato e Robinho. Questo atteggiamento tattico protegge la difesa e consente agli avanti di liberare talento e spregiudicatezza: arrivano quattro vittorie consecutive (Genoa e Chievo in casa, Parma e Napoli fuori), Ibrahimovic è una macchina inarrestabile: gol e assist, oltre ad uno strapotere fisico mostruoso. Il 30 ottobre alla nona giornata, il Milan cede in casa alla Juventus per 2-1, ma nelle due partite successive vince a Bari e contro il Palermo, successi che consentono ai rossoneri di issarsi al comando della classifica. Vi rimarranno fino alla fine. Il 14 novembre c’è il derby in casa dell’Inter: tutti aspettano Ibrahimovic e il grande e fischiatissimo ex non si fa pregare decidendo la stracittadina dopo cinque minuti con un calcio di rigore da lui stesso procurato e trasformato sotto la curva dell’Inter. Si parla già di passaggio di consegne, anche perché l’Inter di Benitez non ha ingranato, la Roma e la Juventus sono attardate in classifica, Lazio e Napoli non appaiono attrezzate per arrivare fino in fondo. Ma la strada è ancora lunga, Ibra decide la sfida contro la Fiorentina con una rovesciata inventata dal nulla, con Brescia e Bologna arrivano due facili successi, ma il 18 dicembre la Roma espugna San Siro per merito di Marco Borriello, l’ex dal dente avvelenato. Il Milan è comunque campione d’inverno grazie al successo di Cagliari firmato dal giovane della Primavera Strasser quasi al 90’, e al pirotecnico pareggio casalingo contro l’Udinese per 4-4. Sono arrivati nel frattempo Antonio Cassano e Mark Van Bommel, rinforzi voluti da Allegri per far fronte a qualche infortunio di troppo; l’olandese in particolare si rivelerà una diga insormontabile a centrocampo. E’ partito invece Ronaldinho, pupillo di Berlusconi, zavorra di Allegri. Nel mese di gennaio il Milan batte poi Cesena e Catania, a febbraio il pareggio casalingo per 0-0 contro la Lazio è seguito da quello a Genova per 1-1 contro i rossoblù: campanelli d’allarme preoccupanti perché nel frattempo il Napoli ha trovato un goleador inarrestabile come Cavani ed è secondo a tre punti, l’Inter ha cambiato allenatore chiamando in panchina un ex rossonero amatissimo come Leonardo, passato in pochi mesi da idolo a Giuda per il popolo milanista e per il presidente Berlusconi che lo considera forse il Gianfranco Fini del calcio, e che risolleva le sorti dei cugini nerazzurri. La vittoria del Milan in casa del Chievo grazie ad una prodezza di Pato il 20 febbraio, il netto successo la settimana successiva nello scontro diretto di San Siro col Napoli battuto 3-0 e l’1-0 strappato in casa della Juventus grazie ad un gol di Gattuso sei giorni dopo, sembrano sancire la parola fine sul campionato. E invece i rossoneri, che nel frattempo hanno salutato l’Europa agli ottavi di finale per mano del Tottenham, compromettono tutto in una settimana: prima l’incredibile pareggio casalingo contro il fanalino di coda Bari con annessa espulsione di Ibrahimovic per fallo di reazione, poi la sconfitta di Palermo rimescolano tutte le carte del gioco scudetto. L’Inter nel frattempo è seconda ed arriva al derby di sabato 2 aprile con soli due punti di ritardo. Il Milan è senza Ibrahimovic squalificato, teme il sorpasso dopo un campionato condotto quasi sempre davanti. Ma il sorpasso non arriva, anzi, il derby si trasforma in un incubo per l’Inter e per il suo allenatore: Pato segna dopo meno di un minuto e si ripete nel secondo tempo, il Milan è padrone del gioco e trova anche il 3-0 col rigore di Cassano nel finale. Il sipario sul campionato cala in pratica qui: la squadra di Allegri vince a Firenze, dove però Ibrahimovic si fa espellere ancora, in casa con la Sampdoria e a Brescia nel sabato di Pasqua alla 34° giornata. La vittoria per 1-0 sul Bologna una settimana più tardi grazie al gol di Flamini in apertura, consegna ago e filo nelle mani di Allegri: per cucire lo scudetto numero 18 sulle maglie rossonere manca infatti solo un punto da conquistare nelle restanti tre giornate. Il punto arriva alla prima occasione, all’Olimpico contro la Roma sabato 7 maggio. Oltre ottomila sostenitori milanisti invadono la capitale per assistere allo 0-0 che consegna il titolo al Milan. Allegri fa centro al primo colpo come Sacchi, Capello e Zaccheroni; è una vittoria del gruppo, dai senatori inossidabili (Abbiati, Nesta, Gattuso, Ambrosini, Seedorf) ai nuovi fenomeni (Thiago Silva, Pato, Boateng). Ma è anche la vittoria dei gregari come Abate e Yepes, pochi fronzoli e tanta concretezza. Forse la scossa l’ha data la personalità di Ibrahimovic, 8 scudetti vinti nelle ultime 8 stagioni, ma il vero artefice del successo appare proprio lui, Massimiliano Allegri: tanto indisciplinato da calciatore, tanto sapiente stratega da tecnico. Che sia l’inizio di un nuovo ciclo? Chissà. Per ora i tifosi rossoneri possono soltanto salutare il campionato 2011 come avrebbe fatto Mike Bongiorno. Allegri-a!!


Marco Milan

domenica 1 maggio 2011

F1 SUL GRANDE SCHERMO: LE IMPRESE DI LAUDA IN UN FILM


Peter Morgan, famoso sceneggiatore e drammaturgo britannico, già candidato agli Oscar, famoso soprattutto per i film The Queen e Frost/Nixon, sta lavorando a una pellicola che racconterà la carriera del celebre pilota di Formula1 Niki Lauda, e il pilota austriaco intanto scherza su chi possa interpretare il suo ruolo: ”Chiunque abbia l'orecchio destro ustionato, può cominciare a farci un pensierino". Il regista costruirà la sua storia ruotando intorno a un anno cruciale, che segnò la vita del pilota, il 1976. Il 1 agosto di quell'anno, durante il Gran Premio di Germania, sul pericoloso circuito del Nurburgring, Lauda - che all'epoca correva per la Ferrari - ebbe un gravissimo incidente e rimase intrappolato nella vettura in fiamme. Riuscì a salvarsi, ma le sue condizioni rimasero gravissime per diverso tempo, e ancora oggi il suo volto ne riporta i segni. Lauda ritornò in pista dopo sole tre settimane, ma le sfavorevoli condizioni meteorologiche non gli permisero di terminare la gara. James Hunt, suo principale rivale alla guida della McLaren, vinse il titolo con un solo punto di vantaggio. L’agenzia DPA ha affermato che Morgan, attivamente sostenuto da Lauda, 62 anni, sta cercando un produttore e un regista. Tornando a Lauda, nella sua carriera in F1 ha vinto 25 Gran Premi e tre titoli mondiali, ed è anche famoso per la sua compagnia aerea; ancora adesso lo si vede frequentemente nel paddock, svolgendo il ruolo di commentatore per la tv tedesca.

Stefano Scipioni

venerdì 22 aprile 2011

GP DELL'ESTORIL: BAUTISTA VUOLE ESSERCI


Alvaro Bautista, il pilota della Suzuki che è stato protagonista di un brutto incidente sulla pista del Qatar in cui si è fratturato gravemente il femore sinistro, è scalpitante e vuole tornare a gareggiare in Portogallo per il GP del primo Maggio, che si terrà alle ore 14. Il team Suzuki aveva puntato su un pilota di esperienza come Hopkins, che però non può essere arruolato in vista dell’Estoril perché impegnato con il British Superbike. D’altro canto, Bautista avrebbe già iniziato gli esercizi di recupero previsti dalla riabilitazione e la risposta del fisico è stata buona, tanto da invogliare il pilota ad affrontare con sicurezza il circuito di Estoril. C’è comunque ancora abbastanza tempo per poter lavorare prima della gara, però saranno necessarie altre analisi ed altre lastre per poter davvero aver chiaro lo stato di salute del pilota, dopodiché toccherà ai medici dare il via libera. Diversa la situazione in casa Ducati, dove il capotecnico di Valentino Rossi Jeremy Burgess ha rilasciato un intervista dove ha parlato delle condizioni fisiche del pilota e di quello che si aspetta da questo campionato, dichiarando che all’Estoril la condizione della spalla di Rossi sarà al 90% di recupero: ”Spero di iniziare a ottenere buoni risultati a breve. Si tratta di aspettare ed essere ottimisti in vista del GP del Portogallo, ma più la stagione va avanti e più si potranno vedere i risultati del nostro lavoro, soprattutto alla fine della stagione. Sapevamo che l’inizio della stagione sarebbe stato difficile, ma non solo per la moto, ma anche per l’infortunio di Valentino. Se fosse stato bene fisicamente ora saremmo più avanti. Dopo Estoril faremo progressi rapidamente”. L’obiettivo di Burgess è quello di portare la guidabilità della Ducati su livelli standard, ai quali tutti i piloti possono essere veloci. Ma Bautista non è il solo a voler tornare a gareggiare, perché c’è anche De Puniet, che per il primo Maggio dovrebbe aver recuperato l’operazione chirurgica al ginocchio, in cui gli sono state tolte le viti della frattura alla gamba rimediata nel GP di Germania nel 2010. Insomma, una MotoGP abbastanza sfortunata in questa stagione, che ha visto Rossi aprire la serie degli infortuni.

Stefano Scipioni

lunedì 18 aprile 2011

La Lazio vola a Catania ed è Zarate show


La vittoria in casa del Catania riveste un ruolo fondamentale per i biancocelesti, anche se l’Udinese non intende mollare. A’ stato un successo travolgente timbrato dai 4 tenori Hernanes, Mauri, Floccari e Zarate. In particolare il brasiliano ha dichiarato:” E’ stato il gol più importante tra quelli che ho segnato”.

Infatti la Lazio si trova ora in piena lotta per la Champions; i biancocelesti non vincevano infatti a Catania da ben 50 anni, e questa vittoria ha permesso a Reja di eguagliare Delio Rossi nei campionati a 20 squadre: 18 successi, come nella stagione 2006/2007. L’uomo partita torna ad essere lui, Mauro Zarate, che,nonostante la panchina per motivi disciplinari, entra per sostituire l’infortunato Sculli e, ispiratissimo, confeziona 2 assist decisivi per Mauri e Floccari prima di sigillare il 4 a 1 con una punizione splendida.

I rossoazzuri sono sembrati subito messi alle corde, e in deficit è sembrato soprattutto il centrocampo che ha rappresentato il punto debole dei padroni di casa, permettendo a Hernanes di sbloccare il risultato. Tuttavia ad inizio ripresa il Catania è riuscito ad agguantare il pareggio grazie ad una percussione di Bergessio conclusa con un tiro non trattenuto da Muslera e ribadito in rete da Schelotto.

L’illusione è durata però non più di 10 minuti, quanti cioè ne ha impiegati la Lazio per riportarsi in vantaggio con Mauri, dopo un contropiede pressoché perfetto finalizzato dal capitano che , comunque, si trovava in fuorigioco. Da qui in poi, nonostante le sostituzioni da entrambe le parti, la Lazio ha giocato sul velluto triplicando con Floccari e chiudendo con una favolosa punizione dal limite di Zarate. Il risultato penalizza forse eccessivamente il Catania, che si trova ora nella pericolosa zona retrocessione. La Lazio invece, sogna adesso il terzo posto dell’Inter, a soli 3 punti, e Sabato salirà a Milano per giocarsi il tutto per tutto.

di Stefano Scipioni

martedì 12 aprile 2011

LA LAZIO SI SCATENA CONTRO LA ROMA E CHIEDE LA TASK FORCE


Task Force! È questa l’ultima sparata del presidente della SS Lazio Claudio Lotito. Il presidente della Lazio ha così sentenziato: per controllare la regolarità del campionato in queste ultime sei giornate c’è bisogno di qualcuno che vigili più approfonditamente sulle partite di Lazio, Roma e Udinese, e questo punto anche Juventus, visto la risalita che la squadra di Del Neri sta compiendo.


Tutto questo è dovuto agli errori arbitrali che secondo Lotito stanno penalizzando la Lazio. A Napoli l’errore sul gol di Brocchi non assegnato è grossolano per quanto è grande ma adesso si sta forse esagerando. La regolarità di un campionato andrebbe richiesta sempre e comunque a prescindere da cosa la squadra si stia giocando nella fase finale del campionato, e non richiesta quando fa più comodo. L’errore che sembra abbia fatto perdere la testa agli uomini biancoazzurri è il rigore non dato all’Udinese contro la Roma, rigore non dato che permette però proprio alla Lazio di starsene in solitaria al quarto posto. Gli errori, presunti, che però più bruciano a Reja e compagni sono sicuramente quelli che la Lazio ritiene di aver subito nei tre derby giocati e persi.


Ma quello che più infastidisce è l’assurdo clima di vittimismo che adesso serpeggia nei dintorni di Formello. Vittimismo che per anni il tifoso laziale ha addebitato al tifoso romanista quale sua caratteristica principale, deridendolo perché si permette, ormai anche in modo ironico, di ricordare quanto era regolare il gol di Turone (partita arbitrata da tale Paolo Bergamo rimosso dal suo incarico di designatore perché immischiato con lo scandalo calcistico chiamato Calciopoli). Ma torniamo al vittimismo dei tifosi della Lazio che si sentono derubati dalla Roma. Se c’è una squadra, oltre alla Roma, qui non c’è nessuna intenzione di mistificare la realtà, che ha avuto un vantaggio dall’errore di Damato sabato sera è proprio la Lazio, che però come ad assurgere il ruolo di paladina della giustizia e della regolarità del campionato si è scagliata contro la Roma chiedendo appunto una Task Force!


Ma se la Lazio, si è così indignata, cosa può aver mai fatto l’Udinese vera penalizzata? E bene l’Udinese non si è cimentata in citazioni latine e richieste istituzionali. Molto più signorilmente si è limitata a far presente che c’è stato un errore durante la partita che ha inciso sul risultato. Esagerazioni in proteste ci sono da tutti i campi, la Roma stessa si è resa protagonista di uno sfogo quanto mai duro e forse esagerato dopo Brescia – Roma di quest’anno, ma senza arrivare a richieste così assurde e così fuori luogo. Fuori luogo per un motivo ben semplice e facilmente spiegabile. Ogni tifoso di calcio che lo scorso 2 maggio era davanti alla televisione a vedere in diretta mondiale lo scempio che fu Lazio – Inter 0-2 lo sa e l’ha sicuramente già pensato: come si può venire a parlare di Task Force neanche un anno dopo quella partita? Anche solo per questo motivo la richiesta di Lotito è al confine tra il fuori luogo e il ridicolo.


Cristiano Checchi

giovedì 7 aprile 2011

FIDUCIA IN CASA FERRARI PER IL GP DI SEPANG


La parola d’ordine adesso è ottimismo, e la Ferrari è convinta di poter risalire in fretta posizioni dopo Melbourne, dove i due giri più veloci sono stati proprio ottenuti da Massa e Alonso. Il pilota spagnolo è convinto che a Sepang in Malesia (seconda tappa del mondiale) si tratterà di stare “al posto giusto al momento giusto”, e che non conterà solo avere il miglior pacchetto aerodinamico, ma anche una lunga serie di fattori, dai cambi gomme all’eventuale ingresso della Safety Car. “Abbiamo lavorato molto dopo Melbourne” spiega Alonso “e sarà importante un buon bilanciamento dell’auto”. Il pilota si dimostra fiducioso anche riguardo le nuove modifiche regolamentari, come le nuove gomme Pirelli e non più Bridgestone che si sono adattate molto bene al suo stile di guida, anche se, dice “le abbiamo potute sperimentare solo in una gara”. Riguardo al suo compagno di squadra, Felipe Massa, si hanno le stesse impressioni positive, e il pilota si dimostra convinto di poter lottare per un buon risultato, anche se non sarà facile come lui stesso ha dichiarato. Riguardo Vettel e la sua presunta imprendibilità il brasiliano non ci sta: ”E' presto per dire che hanno ucciso il campionato, noi cercheremo di guadagnare qualche posizione e fare più punti possibili”. In effetti per competere con la RedBull servirebbe una vettura più competitiva, e si dovrà lavorare soprattutto sulle ultime modifiche aerodinamiche. Si spera che le due settimane di lavoro portino qualche risultato positivo in casa Ferrari, dove si sta lavorando molto anche sulla strategia di gara, ma ormai siamo già alla vigila delle prime prove libere…

Stefano Scipioni

domenica 3 aprile 2011

Lorenzo vince il suo mondiale








Doveva essere il mondiale di Stoner, e invece è stato il campione del mondo in carica a vincere in casa, nella gara che si è disputata oggi a Jerez, in Spagna. Gara non facile, iniziata con la pista bagnata che si è via via asciugata durante la corsa. Valentino Rossi ha avuto l’occasione per tornare al successo, ma, quando la rimonta sembrava possibile, l’italiano è finito addosso a Stoner, sbattendolo fuori dalla corsa e finendo in quindicesima posizione, salvo poi riuscire a rimontare e chiudere quinto.

Quasi stessa sorte per Simoncelli, anche lui primo e poi uscito fuori. Fatto sta che ora nel mondiale piloti in testa c’è Lorenzo sulla sua Yamaha, mentre Pedrosa è a 9 punti di distacco, poi Stoner, Hayden e Rossi, tornato in quinta posizione.

Questa la top-five, ma parlando di classifiche Ben Spies ha buttato un podio sicuro nella giornata di oggi, cadendo a tre giri dalla fine e bruciando quanto di buono fatto fino a quel momento, C’è grande rammarico per lui, che ammette il suo errore commentando:” Ogni curva ho rallentato per non prendere rischi inutili e ad un tratto ero a terra. Ovviamente è stato un mio errore, ma guardando i dati andavo più lento di quello che avevo fatto per tutta la gara”. Il prossimo mondiale si disputerà tra quattro settimane, in Portogallo.


di Stefano Scipioni