lunedì 21 febbraio 2011

MONTELLA: STORIA DI UN RAGAZZO GIA' ALLENATORE DEI GRANDI


Otto anni e mezzo, uno scudetto, una Supercoppa Italiana, 251 presenze 102 gol tra campionato e coppe: questo il bottino di Vincenzo Montella con la maglia della Roma, questo il contributo alla storia del club da parte del ragazzo di Pomigliano d’Arco. Montella allaccia i legami con i colori giallorossi nell’estate del 1999 quando diventa ufficialmente un giocatore della Roma fortemente voluto dal boemo Zeman. Al momento del suo arrivo però Montella non troverà chi l’aveva insistentemente cercato ma Fabio Capello con il quale intraprende un rapporto d’amore-odio che segnerà tutti gli anni più importanti della sua carriera.


In quel campionato l’aeroplanino realizza 18 reti in 31 presenze, formando con Totti e Del Vecchio il tridente tutto azzurro. Con l’arrivo di Batistuta l’estate seguente per Montella iniziano i contrasti con l’allenatore di Pieris che non lo vede in coppia con Batistuta e lo relega per la prima parte della stagione a comprimario nella squadra che a giugno conquisterà lo scudetto. Trionfo giallorosso che però non sarebbe mai avvenuto senza il girone di ritorno giocato da Montella. Gol decisivi contro il Verona, l’Udinese, il Brescia, la Juve, l’Atalanta il Milan e la perla nella partita scudetto del 17 giugno contro il Parma. Alla fine del campionato saranno 13 i gol e nonostante lo scudetto il rapporto con Capello è ai minimi storici: il numero 9 non ha digerito l’ingresso a 5 minuti dalla fine nella penultima partita di campionato contro il Napoli. La pace, forse anche forzata, arriverà perché in fondo c’è pur sempre uno scudetto da festeggiare.


Nella stagione 2001-2002 Montella confermerà il bottino dei 13 gol, si renderà protagonista nella magica serata del derby con i famosi quattro gol alla Lazio, evento che resterà per sempre nella storia della Roma. Inoltre arriverà la sua prima rete in Champions League: un gol di rara bellezza contro il Barcellona nella sfida finita 3 a 0 per la Roma. Amara la sua doppietta dal dischetto contro il Venezia già retrocesso, poteva essere ancora scudetto senza quel suicidio. Nel 2002-2003 la Roma vive un periodo di transizione, top gun segna ancora nel derby di ritorno collezionando 29 presenze e timbrando il cartellino 9 volte.


Quando finalmente Capello sembra aver deciso di puntare unicamente su Montella nel tridente con Totti e Cassano i guai fisici si abbattano sul giocatore. Nel 2003-2004 Montella parte bene 5 gol nella prime 10 partite contro Udinese (di tacco), Brescia, Ancona, Reggina e Bologna, poi l’infortunio e la stagione è finita.


Il 2004-2005 per la Roma parte male (e rischiava di finire anche peggio) si registrano gli addii di Capello, Emerson, Samuel e Zebina tutte colonne dello scudetto a gennaio andrà via anche Candela. C’è l’addio anche di Prandelli appena arrivato e l’arrivo di Rudi Voller, poi sostituito da Del Neri a suo volta sostituito da Conti. Montella nella prima di campionato con la Fiorentina parte dalla panchina, in campo Cassano si fa espellere e all’inizio del secondo tempo c’è Montella in campo. Non si hanno certezze sullo stato di forma del giocatore, il tunnel dell’infortunio è superato ma non si sa se sarà ancora lo stesso giocatore di prima. Pochi minuti di gioco e c’è un lancio di De Rossi scatto bruciante di Montella pallonetto e rete; è un gol che sa di liberazione, gioia e rabbia si mischiano in un'unica e sfrenata corsa sotto la Sud: Vincenzo Montella è tornato. La Roma non andrà bene, ci vorrà un gol di Cassano nella penultima giornata contro l’Atalanta ad evitare addirittura l’incubo di una clamorosa retrocessione, ma i gol di Montella, 21 alla fine del campionato, sono quelli che hanno tenuto a galla la squadra per buonissima parte della stagione.


Il primo anno di Spalletti è quello del ritorno dei guai fisici che non lasceranno più in pace Montella fino al giorno del ritiro, per mesi non si scoprirà neanche la causa di quegli insopportabili dolori alla schiena. Un solo gol in 13 presenze, quello contro l’Inter a Milano in quella che verrà ricordata come la partita del “cucchiaio” di Totti. Nel 2006-2007 non ci sono problemi fisici a frenare Montella, ma l’invenzione tattica di Spalletti che prevede Totti unica punta. Il nuovo schema chiude le porte a Montella il quale segna solo 6 reti totali. Apre le marcature nella goleada contro il Parma, segna la rete decisiva per battere l’Empoli in casa e il 6 a 0 contro il Catania. Era il 19 novembre 2006: sarà questa l’ultima rete in campionato con la maglia della Roma. A novembre mette a segno anche 3 gol in Coppa Italia: 2 nell’andata degli ottavi di finale contro la Triestina e 1 nel ritorno il 29 novembre per quello che sarà l’ultimo gol in assoluto segnato con la maglia della Roma e lo farà come meritano i più grandi: all’Olimpico davanti al suo pubblico e con la fascia da capitano al braccio. Montella a gennaio parte per provare l’avventura estera nel Fulham (10 presenze e 3 gol). Rientrerà in Italia e sempre via Roma (proprietaria del cartellino) tornerà al primo amore: la Sampdoria. Dopo un buono inizio (gol vittoria a Siena) ancora gli infortuni bloccano lo sfortunato giocatore. Rientrerà per segnare il suo ultimo gol doriano e della carriera nel 3 a 3 contro la Juventus il 17 maggio 2008. Nel rientro a Genova gioca 13 partite in campionato con 4 gol. Il 2008-2009 è quello della sua ultima stagione da professionista, non si registrano squilli di tromba, nessun canto del cigno per questo straordinario campione che darà comunque il suo contributo in 12 partite di campionato, più la sua ultima da titolare contro il Bologna in Coppa Italia. Non trova il gol per sfortuna: con l’Udinese è Handonovic a negarglielo e contro il Cagliari il guardalinee vede un millimetrico fuorigioco annullandogli la gioia del gol. Chiude la stagione con 0 gol ma nel momento del bisogno è li a tirare il calcio di rigore contro l’Arsenal negli ottavi di finale di Coppa Campioni, è entrato in campo solo per quel compito e lui da grandissimo non ha sbagliato.


Il 2 luglio 2009 annuncia il ritiro per andare ad allenare i Giovanissimi della Roma. Sono passati neanche due anni e adesso si trova alla vigilia del suo debutto da allenatore della prima squadra. Con i ragazzini ha fatto grandi cose, l’anno scorso è arrivato in finale scudetto, e quest’anno era a 21 vittorie su 21. Mercoledì sera contro il Bologna non dovrà guarda in faccia ragazzi da educare ai quali insegnare calcio ma dovrà mandare in campo gli 11campioni già formati, a volte anche troppo viziati, per tirare fuori la Roma da questa situazione. Si troverà nella condizione di dire a quello che fino a 2 anni fa era il suo capitano “Francè oggi non giochi”. È un compito che a 36 anni in pochi possono vantare, Vincenzo Montella può… Vincenzo Montella ha sempre volato alto. In bocca al lupo “Top Gun”.


Cristiano Checchi

domenica 20 febbraio 2011

ROMA-RANIERI: C'ERAVAMO TANTO AMATI



Chi l’avrebbe mai detto che la storia d’Amore tra la Roma e Ranieri sarebbe finito in questo modo? Da quel 25 aprile 2010, data che di fatto ha messo la parola fine sul campionato, la Roma e Ranieri hanno cominciato un lento distaccarsi l’uno dall’altro. L’allenatore che con la sua romanità, con il suo essere romano e romanista aveva dato nuova vita a una squadra che dopo il ciclo Spalletti sembrava finita, ha rassegnato nella serata di ieri le dimissioni. Fatale è stata l’assurda sconfitta di Genova, dove sopra di 3 gol la Roma è stata capace di subire 4 gol in poco meno di 40 minuti.


Tornato a Roma, casa sua, 35 anni dopo averla lasciata Ranieri l’anno passato è stato capace di costruire, insieme a uno spogliatoio che aveva massima fiducia in lui, una macchina capace di innumerevoli vittorie. Aveva dato via a un ciclo interrotto solo dalla doppietta di Pazzini a tre giornate dalla fine. Questa è storia della Roma che fu ed è proprio la storia che ci ha insegnato di come le cose nel calcio sia instabili, in meno di un anno tutto è cambiato, tutto è diventato inspiegabilmente complicato. La Roma ha avuto per buonissima parte di stagione un andamento altalenante, prima di questa striscia di 3 sconfitte consecutive. Il gioco non c’è mai stato e il cuore di quello che sembrava essere un grande gruppo non ha retto all’impatto con le difficoltà incontrate.


Il mercato aveva portato anche un colpo inaspettato che aveva fatto credere ancora di più al ruolo da protagonista che avrebbe potuto avere la Roma. Paradossalmente proprio con l’arrivo di Borriello, Ranieri è entrato in quel circolo vizioso di dubbi e incertezze sul chi far giocare, sul chi penalizzare o no con il turn over, che ha portato solo confusione all’interno della squadra. In questo i giocatori non sempre sono stati d’aiuto, reazioni e malumori hanno troppe volte accompagnato le scelte dell’allenatore. Non sono bastate le vittorie nei derby e l’impresa contro il Bayern Monaco, troppo poco questa Roma di Ranieri aveva offerto per pensare di non meritare la contestazione dei tifosi e un avvicendamento in panchina. Contestazione che deve comunque rimanere civile sempre.


Finita con un velo di tristezza l’avventura dell’allenatore romano e romanista sulla panchina della sua squadra, la Roma deve pensare a come salvare la stagione. C’è la faccia in Europa da salvare, anche se la qualificazione è più che mai compromessa, c’è la semifinale di Coppa Italia che potrebbe schiudere le porta per la finalissima (semifinale contro l’Inter) e un quarto posto che dato il livello non altissimo del nostro campionato è ancora raggiungibile.


Chi sarà a guidare la Roma per questa parte di stagione ancora non è chiaro, la dirigenza prenderà una decisione nella giornata di oggi, la pista data per favorita è quella interna: Montella o De Rossi senior.


Cristiano Checchi

GRAZIE FENOMENO



Un urlo. Agghiacciante, terrorizzante. Che squarcia in due una notte romana di primavera. E’ il 12 aprile del 2000, allo stadio Olimpico di Roma si gioca l’andata della finale di Coppa Italia, in campo Lazio ed Inter. All’inizio della ripresa nelle file neroazzurre entra in campo Ronaldo, reduce da 5 mesi di inattività per un problema al ginocchio. Passano pochi minuti dal suo ingresso in campo, il Fenomeno prende palla a centrocampo e parte dritto puntando la porta, all’improvviso si accascia al suolo come se fosse inciampato sul pallone. Non è così. Ronaldo è a terra perché il suo ginocchio lo ha tradito di nuovo, questa volta seriamente: lacerazione del tendine rotuleo, un infortunio gravissimo che comporta quasi un anno di riabilitazione, compromettendo di fatto la carriera di un calciatore professionista. E’ quello che pensano un po’ tutti gli appassionati di calcio, vedendo Ronaldo portato via in barella con le mani sul volto ed ascoltando attraverso i microfoni il suo pianto disperato.

La carriera di Luiz Nazario da Lima, meglio noto come Ronaldo, non terminò quella sera. Il Fenomeno tornò alla fine del 2001, in tempo per giocare, vincere e diventare il capocannoniere del mondiale 2002, titoli che gli permisero di conquistare il Pallone d’Oro, il secondo della carriera dopo quello del 1997. L’episodio di Roma è il fulcro della vita calcistica di Ronaldo, l’emblema di un campione tenace, talentuoso eppure tanto fragile. Un campione che ha dovuto soccombere ad una serie infinita di guai fisici, ma che ha saputo sempre tornare in piedi, più carico e forse più forte di prima. Ronaldo ha preso decisioni importanti, forse impopolari, come l’aver giocato sia col Barcellona che col Real Madrid, sia con l’Inter che con il Milan, suscitando l’esplosione di rabbia per i tifosi delle squadre “tradite”. Sarebbe inutile fare l’elenco dei gol, delle presenze, delle prodezze, dei numeri del fenomeno brasiliano, dati che tutti conoscono a memoria, dati che, seppur inconfutabili, non spiegano l’uomo, non raccontano la sofferenza e la risalita, la malattia e la guarigione, lo sconforto ed il coraggio di ricominciare, ogni volta.

Ronaldo ha detto basta, il suo fisico ormai pesante e logoro gli ha imposto lo stop, la fermata definitiva. Ha pianto Ronie nella conferenza stampa di addio, forse è normale quando si dice addio al mondo che ti ha reso ricco, famoso e felice per vent’anni, forse però in quelle lacrime c’era la rabbia per essersi dovuto fermare tante altre volte senza volerlo, regalando ai suoi tifosi tante gioie, ma troppo spesso ad intermittenza. Ma il calcio a Ronaldo, al Fenomeno, può dire solo e semplicemente grazie. Grazie di essere stato tu.

Marco Milan