Ha vinto il Milan. Sette anni dopo l’ultimo scudetto rossonero targato Carlo Ancelotti, Ricardo Kakà e Andriy Shevchenko, sulle maglie del Milan torna a disegnarsi il tricolore a firma di Massimiliano Allegri, Zlatan Ibrahimovic ed Alexandre Pato. Uno scudetto su cui pochi avrebbero scommesso lo scorso 20 luglio, quando al raduno della squadra a Milanello i tifosi contestarono a gran voce il presidente Berlusconi e l’amministratore delegato Adriano Galliani per la scarsa campagna acquisti, ferma agli arrivi di Amelia, Sokratis e Yepes, nomi di riserva e dal pedigree ben poco altisonante. Poca fiducia riscontrava anche il nuovo allenatore Massimiliano Allegri, che in carriera aveva finora allenato poco più di un anno in serie A, guidando, seppur con ottimi risultati, il Cagliari. Inter, Roma e forse la Juve apparivano irraggiungibili. Un mese dopo, però, cambia tutto: Berlusconi apre la valigia dei sogni, Galliani corre a realizzarli: in poco tempo arrivano il ghanese Boateng (che sarà la rivelazione del campionato), il funambolo brasiliano Robinho e soprattutto Zlatan Ibrahimovic in prestito dal Barcellona dove si era ambientato più o meno come una giraffa in un pollaio. Torna l’entusiasmo, il 29 agosto a San Siro il Milan travolge 4-0 il malcapitato Lecce nell’esordio in campionato, Allegri sembra il nuovo profeta del calcio spettacolo. Ma già alla seconda giornata i rossoneri accusano lacune difensive e voragini a centrocampo allarmanti: il piccolo Cesena ne approfitta, vince 2-0 e consegna ad Allegri una patata bollente non da poco: come trovare un equilibrio tattico con una squadra così votata all’attacco? Al mister di Livorno servono altre due partite per capirlo: alla terza giornata il Milan è bloccato in casa sull’1-1 dal modesto Catania, alla quarta si sblocca Ibrahimovic ma non la squadra che fa ancora 1-1 a Roma contro la Lazio. Il Milan ha 5 punti in classifica, gli stessi di ritardo dall’Inter capolista. Da qui la svolta: Allegri, complice l’infortunio di Andrea Pirlo che terrà lontano dai campi il regista bresciano per quasi tutta la stagione, piazza tre mediani a centrocampo con Boateng alle spalle di Ibrahimovic e uno tra Pato e Robinho. Questo atteggiamento tattico protegge la difesa e consente agli avanti di liberare talento e spregiudicatezza: arrivano quattro vittorie consecutive (Genoa e Chievo in casa, Parma e Napoli fuori), Ibrahimovic è una macchina inarrestabile: gol e assist, oltre ad uno strapotere fisico mostruoso. Il 30 ottobre alla nona giornata, il Milan cede in casa alla Juventus per 2-1, ma nelle due partite successive vince a Bari e contro il Palermo, successi che consentono ai rossoneri di issarsi al comando della classifica. Vi rimarranno fino alla fine. Il 14 novembre c’è il derby in casa dell’Inter: tutti aspettano Ibrahimovic e il grande e fischiatissimo ex non si fa pregare decidendo la stracittadina dopo cinque minuti con un calcio di rigore da lui stesso procurato e trasformato sotto la curva dell’Inter. Si parla già di passaggio di consegne, anche perché l’Inter di Benitez non ha ingranato, la Roma e la Juventus sono attardate in classifica, Lazio e Napoli non appaiono attrezzate per arrivare fino in fondo. Ma la strada è ancora lunga, Ibra decide la sfida contro la Fiorentina con una rovesciata inventata dal nulla, con Brescia e Bologna arrivano due facili successi, ma il 18 dicembre la Roma espugna San Siro per merito di Marco Borriello, l’ex dal dente avvelenato. Il Milan è comunque campione d’inverno grazie al successo di Cagliari firmato dal giovane della Primavera Strasser quasi al 90’, e al pirotecnico pareggio casalingo contro l’Udinese per 4-4. Sono arrivati nel frattempo Antonio Cassano e Mark Van Bommel, rinforzi voluti da Allegri per far fronte a qualche infortunio di troppo; l’olandese in particolare si rivelerà una diga insormontabile a centrocampo. E’ partito invece Ronaldinho, pupillo di Berlusconi, zavorra di Allegri. Nel mese di gennaio il Milan batte poi Cesena e Catania, a febbraio il pareggio casalingo per 0-0 contro la Lazio è seguito da quello a Genova per 1-1 contro i rossoblù: campanelli d’allarme preoccupanti perché nel frattempo il Napoli ha trovato un goleador inarrestabile come Cavani ed è secondo a tre punti, l’Inter ha cambiato allenatore chiamando in panchina un ex rossonero amatissimo come Leonardo, passato in pochi mesi da idolo a Giuda per il popolo milanista e per il presidente Berlusconi che lo considera forse il Gianfranco Fini del calcio, e che risolleva le sorti dei cugini nerazzurri. La vittoria del Milan in casa del Chievo grazie ad una prodezza di Pato il 20 febbraio, il netto successo la settimana successiva nello scontro diretto di San Siro col Napoli battuto 3-0 e l’1-0 strappato in casa della Juventus grazie ad un gol di Gattuso sei giorni dopo, sembrano sancire la parola fine sul campionato. E invece i rossoneri, che nel frattempo hanno salutato l’Europa agli ottavi di finale per mano del Tottenham, compromettono tutto in una settimana: prima l’incredibile pareggio casalingo contro il fanalino di coda Bari con annessa espulsione di Ibrahimovic per fallo di reazione, poi la sconfitta di Palermo rimescolano tutte le carte del gioco scudetto. L’Inter nel frattempo è seconda ed arriva al derby di sabato 2 aprile con soli due punti di ritardo. Il Milan è senza Ibrahimovic squalificato, teme il sorpasso dopo un campionato condotto quasi sempre davanti. Ma il sorpasso non arriva, anzi, il derby si trasforma in un incubo per l’Inter e per il suo allenatore: Pato segna dopo meno di un minuto e si ripete nel secondo tempo, il Milan è padrone del gioco e trova anche il 3-0 col rigore di Cassano nel finale. Il sipario sul campionato cala in pratica qui: la squadra di Allegri vince a Firenze, dove però Ibrahimovic si fa espellere ancora, in casa con la Sampdoria e a Brescia nel sabato di Pasqua alla 34° giornata. La vittoria per 1-0 sul Bologna una settimana più tardi grazie al gol di Flamini in apertura, consegna ago e filo nelle mani di Allegri: per cucire lo scudetto numero 18 sulle maglie rossonere manca infatti solo un punto da conquistare nelle restanti tre giornate. Il punto arriva alla prima occasione, all’Olimpico contro la Roma sabato 7 maggio. Oltre ottomila sostenitori milanisti invadono la capitale per assistere allo 0-0 che consegna il titolo al Milan. Allegri fa centro al primo colpo come Sacchi, Capello e Zaccheroni; è una vittoria del gruppo, dai senatori inossidabili (Abbiati, Nesta, Gattuso, Ambrosini, Seedorf) ai nuovi fenomeni (Thiago Silva, Pato, Boateng). Ma è anche la vittoria dei gregari come Abate e Yepes, pochi fronzoli e tanta concretezza. Forse la scossa l’ha data la personalità di Ibrahimovic, 8 scudetti vinti nelle ultime 8 stagioni, ma il vero artefice del successo appare proprio lui, Massimiliano Allegri: tanto indisciplinato da calciatore, tanto sapiente stratega da tecnico. Che sia l’inizio di un nuovo ciclo? Chissà. Per ora i tifosi rossoneri possono soltanto salutare il campionato 2011 come avrebbe fatto Mike Bongiorno. Allegri-a!!
Marco Milan